Il carciofo ricco di proprietà benefiche è un valido aiuto in caso di disfunzioni del fegato
Il carciofo (Cynara scolymus), ortaggio una volta molto raro, oggi è largamente coltivato nelle regioni a clima invernale temperato. Già apprezzato nel XVI secolo, come diuretico e come afrodisiaco, nel XVIII secolo fu usato a volte come rimedio specifico contro l’itterizia.
L’efficacia terapeutica di questa pianta è stata, però, meglio valutata all’inizio di questo secolo, quando ci si è resi conto del suo valore nella cura delle affezzioni epato-biliari; è stata messa a punto anche una terapia basata sul carciofo: la cynaroterapia.
Proprietà del carciofo
Il carciofo contiene glucosidi e tannini ed è molto ricco di cinarina, un principio amaro che lo rende particolarmente utile nei disturbi di origine epatica, agevolando coleresi e diuresi.
Sotto forma di tintura madre e decotto è utile per le disfunzioni epatiche e biliari, contro reumatismi, artrite e gotta. Il decotto viene consigliato per impacchi e lavaggi in caso di pelle del viso stanca e impura. Crudo è consigliabile soprattutto nella dieta di anemici per l’alto contenuto in ferro.
Il carciofo è permesso anche nella dieta dei diabetici. Una volta cotto, si altera rapidamente, sviluppando tossine; pertanto deve essere consumato subito. È bene, inoltre, sapere che è tanto più digeribile quanto meno a lungo è stato cotto.
Parti della pianta usate
Nella pianta si distinguono:
- il fiore, parte edule, costituito da un capolino di grandi dimensioni, di cui si consumano, cotti o crudi;
- il ricettacolo carnoso e le brattee, impropriamente chiamate foglie, che lo circondano;
- la foglia, grande e incisa, inserita sul fusto: è la foglia che viene usata in medicina, anche se il fiore crudo possiede, in misura ridotta, le medesime proprietà curative.