Con il termine ritenzione urinaria si indica il disturbo per cui non si riesce ad emettere urina nonostante si avverta lo stimolo e nonostante la vescica sia effettivamente piena.
Bisogna mettere in chiaro la differenza che intercorre con un altro disturbo della minzione che prende il nome di anuria, disturbo in cui l’individuo non riesce ad emettere urina perché di fatto non riesce a produrla.
La ritenzione urinaria può essere di tipo cronico, se insorge lentamente portando ad una progressiva riduzione del getto, in cui tipicamente ci si rende conto di urinare poco rispetto alla reale necessità avvertita, e questo stadio, se non opportunamente trattato può sfociare in una ritenzione urinaria acuta, in cui il soggetto non riesce proprio ad urinare. Condizione che necessita di un immediato intervento medico.
La ritenzione urinaria non sempre da esito ad altri sintomi che creano allarmismo, quali il dolore, tuttavia la mancata emissione dell’urina contenuta in vescica porta all’ingrossamento di questo organo, che aumenta il suo volume al punto da causare un rigonfiamento in sede pelvica (globo vescicale), facilmente palpabile dal medico in fase di visita.
Quando la capienza della vescica raggiunge il limite e le sue pareti non possono distendersi ulteriormente, spesso il soggetto manifesta un gocciolamento incontrollato di urine (condizione detta iscuria paradossa).
Sebbene questo disturbo possa essere conseguente a numerosi quadri patologici, di differente entità e gravità, quando si notano delle difficoltà nell’atto della minzione (durante l’emissione di urine), è sempre bene rivolgersi con celerità al proprio medico di base, il quale, valutata l’entità del disturbo potrà indirizzare il paziente verso visite più approfondite.
In genere lo specialista a cui rivolgersi è l’urologo, il medico specifico per l’apparato urinario. In questi casi, è necessario agire con fretta in modo da giungere ad una diagnosi in un breve periodo, senza rischiare di peggiorare la propria condizione e di compromettere il proprio stato di salute.
Vediamo in seguito quali sono le principali cause che portano il soggetto ad avvertire lo spiacevole disturbo del non riuscire a vuotare la vescica anche se si ha lo stimolo di dovere urinare.
Quali sono le principali cause di ritenzione urinaria?
Di seguito abbiamo raccolto quelle che sono le principali patologie che possono causare questo disturbo.
Ipertrofia prostatica
Condizione che interessa i soggetti al di sopra dei 50 anni di età e che porta ad un aumento del volume della prostata, piccola ghiandola la cui forma ricorda quella di una castagna, situata al di sotto della vescica.
In genere la sintomatologia si manifesta molto dopo l’esordio della malattia e in genere il soggetto avverte proprio disturbi a carico della minzione. L’aumento di volume della prostata causa un’ostruzione dell’uretra, diminuendo via via la forza del mitto cioè l’emissione dell’urina.
Con il tempo si avverte una maggiore difficoltà ad iniziare la minzione e gradualmente si giunge al punto di non riuscire più a vuotare del tutto la vescica del suo contenuto (ritenzione urinaria). Man mano che la condizione prosegue il soggetto può manifestare nicturia (necessità di urinare più volte nel corso della notte) ed incontinenza vescicale causata dall’eccesso di urina contenuta nella vescica.
Prostatite batterica
Si tratta di un’infezione batterica a carico della ghiandola prostatica, in genere causata da batteri di tipo Gram negativi.
Si tratta di un’emergenza medico-chirurgica che si associa, oltre che all’impossibilità di urinare, a febbre, brividi, nausea, vomito e forti dolori localizzati al basso ventre.
Anche in questo caso si ha l’ingrossamento improvviso della ghiandola prostatica che va a determinare l’occlusione dell’uretra, impedendo all’urina di transitare attraverso l’uretra e causare così ritenzione urinaria.
Calcoli renali e vescicali
Evenienza piuttosto comune, in cui si ha la formazione di cristalli a livello renale in seguito ad una dieta ricca di proteine, di patologie renali o di uno stato di disidratazione.
I cristalli, o i calcoli renali, causano un forte dolore durante il loro transito che dai reni discende attraverso le vie urinarie, quindi percorrendo la pelvi renale, gli ureteri, per poi giungere in vescica.
Da qui verranno espulsi attraverso l’uretra con l’emissione di urina. In alcuni casi, a seconda delle dimensioni dei calcoli, questi possono andare ad ostruire il lume dell’uretra (stenosi uretrale) impedendo all’urina di uscire correttamente e dunque alla vescica di svuotarsi.
Farmaci
Talvolta la ritenzione urinaria è causata dalla somministrazioni di farmaci, ne è un tipico esempio la vescica “addormentata” a seguito di un’anestesia utilizzata per un intervento chirurgico, ma anche in seguito all’assunzione di farmaci antipertensivi ed antinfiammatori non steroidei.
Cause neurologiche
In questo gruppo rientra un cospicuo numero di patologie a carico del sistema nervoso che possono causare ritenzione urinaria. I meccanismi di riempimento e di svuotamento (inteso sia come lo stimolo di dovere emettere urina che l’atto in sé della minzione) sono regolati da una fitta trama di nervi di origine simpatica e parasimpatica che derivano dal plesso di nervi sacrali e pelvici.
L’innervazione regola poi la contrazione ed il rilassamento del muscolo detrusore della vescica che consente di trattenere o rilasciare il flusso. Quando si viene ad instaurare un danno al sistema nervoso viene a mancare questa complessa regolazione, portando quindi a disturbi della minzione, tra cui, per l’appunto la ritenzione urinaria.
Per fornire un esempio di patologie o di eventi che si ripercuotono sul sistema nervoso si deve citare il diabete, condizione che compromette il metabolismo dei nervi, e il morbo di Parkinson.
Va poi posta una particolare attenzione alla sclerosi multipla, malattia neurodegenerativa che porta alla distruzione della guaina mielinica che riveste i nervi, impedendo la corretta trasmissione dell’impulso nervoso. In alcuni casi i malati di sclerosi multipla non hanno la capacità di trattenere l’urina (condizione di incontinenza), ma talvolta si instaura il problema opposto, per cui si ha l’impossibilità di svuotare completamente la vescica del suo contento di urina.
Come si effettua la diagnosi?
Come ribadito precedentemente, quando non si riesce ad urinare nonostante si avverta lo stimolo di farlo o quando non si riesce a svuotare del tutto la vescica, è sempre necessario rivolgersi al proprio medico di base per farsi indirizzare verso visite specialistiche.
Quando invece non si riesce ad urinare da più di 12 ore e se si avvertono sintomi quali febbre, brividi, dolore, malessere generalizzato, vomito o nausea, bisogna rivolgersi con tempestività alle cure fornite da un pronto soccorso, perché in questo caso il quadro clinico potrebbe essere ben più serio.
In fase di visita, il medico va ad indagare sulla natura dei sintomi avvertiti dal paziente ponendo le seguenti domande: quando è insorto il problema? il disturbo è saltuario? permane da più giorni? nel corso della notte si avverte la necessità di urinare? si sveglia per questo?
Successivamente, il medico procede palpando l’addome e la pelvi del paziente per verificare il volume della vescica, quindi la presenza di “globo vescicale”, e quindi la presenza di altri sintomi quali gonfiori o masse addominali, febbre, vomito, dolorabilità, malessere generale, nausea e vomito.
Una volta valutati gli elementi raccolti durante la visita, il medico procederà prescrivendo esami più approfonditi sulla base di sospetti diagnostici più precisi.
Se il paziente manifesta febbre, sarà utile un prelievo di sangue o di urine in cui verificare la presenza di un’infezione e quindi identificare il batterio responsabile per somministrare una corretta cura antibiotica.
Se il paziente non manifesta sintomi di infezione si potrà procedere utilizzando strumenti di diagnostica per immagini (ecografia, risonanza magnetica) per verificare la presenza di calcoli, masse o la presenza di lesioni neurologiche.
Nel sospetto che la ritenzione urinaria sia un sintomo di ipertrofia prostatica si può effettuare la palpazione della ghiandola prostatica mediante esplorazione rettale, per poi procedere con indagini più dettagliate.
Passiamo ora ad elencare quelle che sono le terapie più utilizzate in questi casi, ricordando sin da ora che la giusta terapia deve essere stabilita da medico senza lasciare spazio a consigli letti sul web oppure a diagnosi fai da te.
Quali sono le terapie più utilizzate?
Una volta giunto alla precisa diagnosi del disturbo alla base del sintomo il medico potrà valutare la strategia terapeutica più adeguata al paziente, tenendo conto di molteplici altri fattori quali l’età del soggetto, il suo stato di salute, la concomitanza di altre patologie e se assume alcuni farmaci.
In caso di infezione, viene somministrata una terapia antibiotica specifica per l’agente patogeno responsabile. In caso di calcolosi, a seconda dell’entità e delle dimensioni dei calcoli si valuta se sia sufficiente una terapia farmacologica a base di antinfiammatori e antidolorifici o se vi è la necessità di un intervento chirurgico.
In caso di patologie neurologiche o di ipertrofia prostatica l’intervento sarà mirato sul disturbo a seconda del caso, mediante antinfiammatori, radio e chemioterapici o avvalendosi di un intervento chirurgico.
Come si può intuire le cause della ritenzione urinaria sono da ricollegare a patologie che non possono essere curate ricorrendo a rimedi naturali ma è necessario sottoporsi ad esami specialistici e a terapie farmacologiche consigliate dal medico.
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